Biennale Paris, wunderkammer sotto le volte del Grand Palais
Biennale Paris, wunderkammer sotto le volte del Grand Palais – di Nicola Zanella
La Biennale Paris, che dal 2017 è un appuntamento annuale, si è svolta sotto le volte Art Nouveau del Grand Palais dal 12 al 17 settembre. La Biennale è l’erede o meglio la continuazione della Biennale des Antiquaires fondata nel 1962. Cinque le giornate di apertura rispetto alle nove dell’anno scorso, sia per andare incontro ad un calendario autunnale particolarmente fitto di eventi, che per ridurre i costi fissi a carico degli espositori.
Appena varcata l’entrata una grande installazione piuttosto kitsch accoglie il visitatore, perle giganti in polistirolo adagiate su un moquette azzurra che simula il mare, giusto per annunciare in modo sobrio l’ospite d’onore: lo stato del Bahrein. Le perle infatti sono il prodotto di esportazione, dopo il petrolio, più famoso del piccolo stato del Golfo Persico. Al Bahrein è stato dedicato un padiglione dove le opere di 21 artisti e nove artigiani, raccontano la produzione artistica, tendenzialmente contemporanea dello stato arabo. Kaneka Subberwal, manager culturale e direttrice di ArtBaB è una degli artefici del padiglione e si dice estremamente soddisfatta per la qualità espositiva raggiunta così come per i feed-back ricevuti. L’operazione di branding nazionale è stata realizzata con il supporto da Tamkeen , agenzia governativa che sostiene lo sviluppo di iniziative imprenditoriali, uno strumento per superare la dipendenza economica dal petrolio. Cifre dell’operazione rimangono purtroppo top-secret. Il Padiglione del Bahrain ha il demerito di eclissare dietro di sè l’installazione più significativa e spettacolare della della fiera, il “Labyrinthe de Transchromie Bruexelles Paris” di Carlos Cruz-Diez, l’artista venezuelano, tra i massimi rappresentanti dell’arte cinetica che è deceduto lo scorso 27 luglio. La grande installazione era presentata dalla galleria di Brussels La patinoire Royale – Galerie Valèrie Bach.
La Biennale Paris. Ha ospitato 75 espositori principalmente francesi, ma anche belgi ,svizzeri, inglesi e americani. Nessun italiano quest’anno, assenza giustificata anche dall’imminente BIAF, la Biennale dell’antiquariato di Firenze, che inaugura il prossimo 21 settembre.
L’offerta parigina è estremamente eterogea e comprende gioielli, dipinti antichi, busti neoclassici, reperti archeologici cinesi, manufatti tessili indiani, dipinti contemporanei, orologi, pezzi unici di design; a garanzia della qualità e, soprattutto, dell’autenticità di un offerta così vasta è stata istituita nel 2017 la biennale Commision, che riunisce un board di 15 esperti presieduto da Christopher Forbes dell’omonimo gruppo editoriale.
Fiore all’occhiello della Biennale anche per il rigore scientifico, meno certo in altri segmenti, è quello dedicato ai reperti archeologici, rappresentato da gallerie di indiscussa credibilità internazionale. Manufatti romani e greci soprattutto, ma anche dell’antica Cina e dell’antico Egitto, tra queste la Phoenix Ancient Art, nota in Italia per il contenzioso legale tra la stessa e il Getty Museum di New York per la gestione della collezione di arte romana appartenente alla famiglia Torlonia. L’intero stand della galleria è dedicato alla vendita di pezzi provenienti dalla prestigiosa Gilbert Collection, tra le più famose al mondo per l’arte antica, con un importante focus anche sui micro-mosaici. Bollini rossi fin dall’opening per la galleria di base a Ginevra e New York, soprattutto, per le opere con un range di prezzo intorno ai 10.000 euro, come per esempio un piccolo “Askos”, un tipo di vaso del 300 A.C di provenienza greca. Per i pezzi più cari come per altre gallerie molte delle contrattazioni proseguiranno fin dopo la chiusura della Biennale.
Altra galleria leader nel settore archeologico è la Galleria Cahn di Basilea, in cui spicca un vaso della Grecia antica, provenienza attica, particolarmente significativo e unico per le emozioni espresse dai personaggi raffigurati. L’opera era in vendita a 120.000 euro. Tra i possibili acquirenti il proprietario Jean-David Cahn vede anche collezionisti italiani, i quali però vengono frenati dal timore di non poter più esportare in futuro le opere di arte antiche che acquistano. La legge italiana prosegue Cahn è molto ben congegnata, ma bisogna stare molto attenti a rinnovare il permesso di importazione temporanea per evitare che poi diventi impossibile una successiva esportazione. Per quanto riguarda, l’archeologia asiatica, reperti molto significativi presso la Ming-K’I Gallery di Brussels il cui pezzo più caro era un grande vaso rituale in bronzo dalla dinastia Zhou offerto a 160.000 euro. Molto fotografata in stand la statua in terracotta del “Nobile-grasso”, realizzato nell’ottavo secolo A.C. durante la dinastia Tang in Cina, il manufatto offerto a 45.000 euro nei primi giorni di fiera non era stato ancora venduto nonostante le numerose richieste. La co-proprietaria Annie Janssens si è detta soddisfatta delle vendite già nei primi giorni della biennale: gli acquirenti? Soprattutto europei, acquirenti asiatici non così presenti ma che hanno comunque il merito di abbassare l’età media dei collezionisti. Per l’arte antica concordano vari espositori che un cinquantenne è considerato un giovane collezionista, di questo passo si rischia l’estinzione.
L’estrema varietà dell’offerta, alla Biennale Paris così come in altre manifestazioni simili allarga il target dei potenziali clienti, purché con un ottimo potere d’acquisto e non si rivolge quindi solo a collezionisti nel senso più ortodosso del termine. Il fascino sta nel passare in pochi metri dall’originale della pagina 59 del Numero 88 di Corto Maltese disegnata da Hugo Pratt e in vendita alla Galerie Glenat di Parigi a 35.000 euro, a una Jama, camicia rituale indiana del XVII secolo in vendita da Kent Antiquees di Londra, il cui prezzo è riservato visto l’interesse di un paio di musei internazionali; e poi ancora, una Tiara con 55 carati di diamanti di provenienza francese inizio ‘900 e offerta al prezzo 380.000 daAlain Pautot, galleria specializzata in gioielli. Molti poi i pezzi di qualità in bilico tra arte e design, come i piatti realizzati a cavallo tra gli anni ’50 e ’60 e disegnati da Jean Cocteau esposti da Prima Gallery con sede a Cannes e Hong Kong e proposti a 35.000 euro l’uno o come la seduta-scultura di Niki de Saint-Phalle del 1991 in vendita a 145.000 da Gloria Gallery. Spazio anche all’arte contemporanea come per la scultura in marmo di Pablo Atchugarry del 2019, sinfonia d’autunno presente nello stand di Opera Gallery al prezzo di 290mila euro.
La Biennale Paris, è un evento in cui l’aspetto mondano riveste un ruolo fondamentale e durante l’opening su invito del giovedì sera si sono contate quasi 10.000 presenze con lunghe file all’entrata del Grand Palais. Ma l’evento clou di questa mondanità rimane la cena di Gala, super esclusiva, di mercoledì 11 settembre, i cui proventi sono stati devoluti a favore dell’ Aliph Foundation che si batte per la difesa e la tutela del patrimonio artistico in zone di guerra.